NAPOLI. Fondi Ue, Campania, Sicilia e Calabria si confermano maglia nera. La Puglia, invece, emerge come regione virtuosa.
Colpa di una burocrazia inadatta e di scarsa professionalità. Quasi 30 miliardi di euro i soldi che, se non utilizzati entro fine anno, rischiano di tornare indietro. Problemi anche per l’impiego delle risorse del Pnrr, il cui livello di spesa è fermo al 6%. Per invertire il trend, decisivo il ruolo del Consulente d’impresa dedicato che sappia tradurre in progetti veri quel denaro. Per il bene delle nostre comunità e per innovarsi digitalmente…
La Puglia, regione virtuosa. Maglia nera per Campania, Sicilia e Calabria. Spendere i soldi stanziati dall’Europa resta un problema per le regioni del Sud. «Ma fa eccezione -spiega Vincenzo Vinciguerra, analista finanziario e founder di Uropp Finance- proprio la Puglia che è riuscita a tradurre in progetti ben oltre il 90% di quanto ricevuto dai Por, i Piani operativi regionali e dai fondi Fesr e Fse. Un mai visto che dimostra come, con politiche attente e virtuose, l’operazione sia possibile. Il problema però è che non è ovunque così. In Sicilia le risorse investite sono pari al 64%, in Calabria al 65,5% e in Campania al 65,7%. Questo vuol dire che, entro fine anno, bisognerà, per evitare il peggio, correre per poter usufruire del denaro disponibile ma non utilizzato. Un’impresa difficile da realizzare, ma non impossibile».
Per il periodo 214-2020, l’Italia ha ricevuto 64,8 miliardi di euro dai fondi di coesione messi a disposizione da Bruxelles, ma la spesa complessiva certificata dagli organismi europei è stata di 35 miliardi di euro, pari cioè al 54% circa dell’ammontare. Mancano all’appello dunque ben 29,8 miliardi di euro: «Denaro –sottolinea Vinciguerra– che rischiamo di perdere. 29,8 miliardi di euro sono davvero tanti, quasi una finanziaria, è non poterli utilizzare sarebbe davvero uno spreco imperdonabile. E non va meglio per le risorse derivanti dal Pnrr. Nel semestre in corso, l’avanzamento del Piano impone ulteriori 27 obiettivi da conseguire. Di questi, solo uno è stato centrato. Lo dice a chiare lettere la Corte dei Conti».
La magistratura contabile ha infatti certificato che, escludendo le spese collegare a misure precedenti come i bonus edilizi e gli incentivi 4.0, il livello di impiego del denaro disponibile è fermo addirittura al 6%: «Il che vuol dire -ricorda Vinciguerra- che alcuni interventi, da qui al 30 giugno 2026, non potranno essere realizzati. Molti mi chiedono come ciò possa accadere. L’inghippo è nella nostra macchina burocratica che appare, rispetto agli altri Paesi europei, estremamente farraginosa e poco propensa al cambiamento. É da qui che bisogna ripartire per cambiare registro. E bisogna farlo subito per evitare di perdere occasioni che, di certo, sarà difficile possano ripetersi nei prossimi anni».
Scarse competenze, passaggi burocratici a volte esasperanti, scarsa adattabilità. I difetti italici dunque come ostacolo al progresso: «Come mai -dice ancora Vinciguerra- la Lombardia, tanto per fare un esempio virtuoso, riesce a spendere tutto quello che riceve e molte regioni no? Perché Piemonte e Toscana hanno risultati brillanti? La risposta è nel metodo. Al Sud, manca una classe dirigente adeguata e pronta, diciamo così, a imparare le regole dettate da Bruxelles. I fondi europei sono complessi e vanno innanzitutto capiti e ben interpretati, poiché seguono la procedura del Project Cycle Management e chiedono cronoprogrammi, come il diagramma di GANNT, con la definizione di tutte le attività dei partner europei. Se questo processo salta, si rischia di presentare progetti non conformi e quindi passibili di bocciatura. Credo allora che sia arrivato il momento di dotarsi di project manager capaci, di figure professionali che sappiano tradurre in iniziative concrete i bisogni del territorio, ma iniziative che siano compatibili con gli obiettivi che i fondi stanziati si propongono di realizzare».
L’esempio che arriva dalla Puglia va proprio in questa direzione: «L’attuale Governatore, ma anche quello precedente hanno capito a un certo punto che occorreva cambiare registro -afferma Vinciguerra. E hanno fatto una cosa semplicissima, hanno sondato il mercato e si sono affidati a consulenti esperti in materia. Il risultato, in pochi anni, è arrivato. I progetti presentati non sono stati più respinti, come spesso accadeva, ma, nella stragrande maggioranza, dei casi sono stati approvati. Con benefici importanti per la regione e per i suoi cittadini, come persone fisiche e giuridiche. Un cambiamento radicale che poi ha significato una migliore qualità della vita e, perché no, servizi più efficienti e tecnologicamente più avanzati. E questo perché buona parte degli investimenti ha riguardato e deve riguardare l’innovazione digitale. Il passpartout per un futuro possibile».
Un metodo che vale per i fondi europei e per quelli che arrivano dal PNRR: «Siamo in una fase storica decisiva -spiega Vinciguerra. O adesso o mai più. Sta arrivando una pioggia di denaro impressionante e bisogna farsi trovare preparati. Faccio solo qualche esempio per far capire cosa potrebbe accadere nei prossimi anni. L’obiettivo Investimenti riguarda tre tipologie di regioni: meno sviluppate, in transizione, più sviluppate. Le prime, con un Pil pro-capite inferiore al 75% della media Ue, hanno assegnazioni iniziali pari a 227 miliardi di euro. Le seconde, con un Pil pro-capite fra il 75 e il 100% della media Ue, hanno assegnazioni iniziali pari a 53,5 miliardi di euro. Le terze infine, con un Pil pro-capite superiore al 100% della media Ue, hanno assegnazioni iniziali pari a 30,5 miliardi di euro. Previsti inoltre per le regioni ultra-periferiche finanziamenti supplementari pari a 2,1 miliardi di euro».
«Tanto denaro -conclude Vinciguerra- che potrebbe risollevare i territori più depressi. Non si può e non si deve buttare tutto alle ortiche. La Pubblica amministrazione, ma anche le imprese, devono ricorrere a un “Consulente d’Impresa” dedicato che sia in grado di redigere progetti ad hoc. Questo servizio non si limita a indicare l’esistenza di bandi e agevolazioni, ma va oltre perché permette di spulciare i dati contabili dell’azienda e, quindi, di inviare, ogni settimana, una proposta su misura. Il che consente di sapere davvero le opportunità raggiungibili, di non perdere tempo e di non lasciare per strada denaro. Fare tutto questo è per me un obbligo. Non di legge ma morale. Non di legge, ma necessario per il miglioramento economico delle nostre comunità».